La Transizione – Il modello organizzativo
Fabio Del Papa
La terza parte del nostro incontro è dedicata ad alcune note in materia di organizzazione di una struttura che traduca sul piano politico le acquisizioni teoriche sulla transizione in decisioni e azioni conseguenti ed organizzi , sui terreni individuati , i conflitti individuando le controparti interessate.
La questione, al di la delle singole interpretazioni in tema di strutture ( partito , movimento, ecc ) frutto di diversi percorsi politici e di diverse ascendenze culturali nell’ambito della sinistra, è di fondamentale importanza e non riguarda solo la specifica sorte di NET LEFT ma , richiamando concetti come “ democrazia” , “democrazia digitale” , “rappresentanza”, “ partecipazione”, coinvolge direttamente situazioni , analisi e valutazioni di portata generale , nazionale ed internazionale , di cui abbiamo piu’ volte discusso anche con interlocutori esterni.
Basti pensare al semplice fatto che, pur in presenza della conclamata crisi dei partiti di massa sui quali si è fondata la maggior parre delle democrazie occidentali nel dopoguerra, la nostra costituzione ( ma non solo la nostra) continua ( e come non potrebbe? ) a riconoscere nei partiti- questi partiti- il fondamentale tramite del rapporto Sato-cittadini.
Ma, lasciando ora il dibattito sulla crisi dello Stato democratico ai costituzionalisti, il nostro compito riguarda l’individuazione di un modello di strutturazione politica che fondandosi sulle potenzialità offerte dalla rete, valuti le diverse opzioni alla luce delle urgenze avanzate dalla Transizione in atto e in una prospettiva di lotta al mainstream politico corrente.
Questo della lotta e della necessità di una struttura abilitante i conflitti che , sui vari terreni, dovremo essere in grado di gestire mi pare un requisito qualificante che dovremo considerare con attenzione anche predisponendoci a pagare qualche prezzo…
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L’utilizzo delle tecnologie digitali per aggregare, consolidare e gestire consenso politico è diffuso ormai da diversi anni. Basti pensare ad esempio all’uso dei social media in recenti campagne elettorali, come quelle di Obama nel 2008 e nel 2012, o al ruolo da essi giocato nella vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016, o ancora alle innovazioni sul versante digitale introdotte da nuove organizzazioni come Momentum, il movimento di sostegno a Jeremy Corbyn come leader del Labour.
Tuttavia i gruppi politici che hanno assunto il digitale come asset trainante la loro proposta politica sono essenzialmente Podemos, il M5s e i Partiti Pirata dell’Europa del Nord. Essi sono stati spesso descritti come “partiti digitali” o come “partiti rete” per il modo in cui essi hanno abbracciato in modo entusiastico una serie di strumenti e servizi che sono diventati il simbolo della presente società digitale. Tale carattere digitale è visibile a diversi livelli di profondità: nella loro comunicazione esterna e nella loro organizzazione interna. Esternamente queste formazioni hanno sfruttato la potenza comunicativa delle reti sociali come Facebook e Twitter o di YouTube per costruire una base attiva di sostenitori e simpatizzanti. Internamente esse hanno sviluppato una serie di piattaforme decisionali online per chiamare gli aderenti a discutere e votare su politiche, cariche interne e candidati.
Al netto di alcune differenze tra i target politici di riferimento di queste tre organizzazioni ( Podemos e M5s tematiche politiche generali affrontate in una logica radicale di “antipartito” ; Partiti Pirata orientati ai temi della difesa dei diritti digitali) il dato unificante è l’adozione di una piattaforma integrata per organizzare e mantenere il rapporto con gli aderenti.
Il ruolo della piattaforma è ,sostanzialmente , quello di intermediario tra base e direzione dell’organizzazione e quello di ambito di interazione tra aderenti .
L’importanza di tale infrastruttura ha portato qualche studioso ( M.Revelli) a definire le organizzazioni di riferimento come “ Partiti-piattaforma” enfatizzandone non solo la funzione partecipativa ma anche e soprattutto quella di “ scheletro organizzativo” sostitutiva degli apparati ( o di una loro buona parte ) propri dei partiti novecenteschi.
Le piattaforme possono essere poi progettate ed utilizzate variamente. Possono integrare dati provenienti dai social , possono essere chiuse o aperte a differenti tipologie di utenti, possono prevedere aggregazione dei dati degli utenti e fornire misurazioni e previsioni del loro comportamenti.
In molte delle rappresentazioni che gli organismi politici ne danno, esse rappresentano il tentativo di costruire forme di democrazia diretta e partecipativa.
Tralasciando , per il momento, la discussione sul modello di democrazia che le piattaforme prefigurano, l’organizzazione che adotta la piattaforma come elemento costitutivo si prefigge di mutuare dai vecchi partiti di massa la capacità di mobilitazione , pur disponendo di apparati interni leggeri ed adattabili sulla base dell’esperienza del cosiddetto partito televisivo di matrice berlusconiana.
Sono adottate varie definizioni per inquadrare una simile organizzazione : partito “ nuvola”, nel senso di soft , accessibile da qualsiasi dispositivo e da ovunque in cui la comunicazione, rapida e fruibile, prenda il posto , ove necessario, di documenti, riunioni , relazioni ed appuntamenti programmati; partito “ forum” per testimoniare che l’assenza di sovrastrutture burocratiche non vuol dire rinuncia alla discussione, al confronto tra punti di vista diversi , alla consultazione degli aderenti in occasione di decisioni importanti; partito “ start-up” per sottolineare la sua rapida crescita e scalabilità pur in presenza di una qualche significativa mortalità.
L’introduzione della tecnologia nei processi di funzionamento interni non ha , contrariamente a quanto si potrebbe pensare, determinato una maggiore democrazia o maggiore “ orizzontalità” nelle decisioni. Al contrario : a fronte di una effettiva ( o presunta ) maggiore estensione della base degli aderenti si è assistito ad una non minore ascesa di leader , piu’ o meno carismatici. A risultare compressi sono stati i livelli intermedi , coloro che , ad esempio nel caso M5s, si sono trovati eletti nelle istanze nazionali o locali , ma hanno scontato un calo di rappresentatività riconosciuta.
Quale allora il rapporto tra una organizzazione strutturata intorno alla piattaforma e rappresentanza agita? In altre parole: a quale “tipo” di rappresentanza una organizzazione politica “ di rete” si deve sentire vincolata?
Contrariamente a quanto spesso si ritiene, la nascita e lo sviluppo dei “ partiti-piattaforma”, secondo la succitata definizione , non segna una opzione antipolitica tout-court.
La crisi economica pre-covid ed ,a maggior ragione , la pandemia, hanno enfatizzato una sfiducia, già presente da anni, nelle forme tradizionali di rappresentanza istituzionale sulla quale si sono appiattite le forze che hanno governato negli ultimi 15/20 anni. Esse , seppure tecnologicamente innovate, sono vissute come traditrici della sovranità popolare ed incapaci di frenare il progressivo peggioramento delle condizioni di vita. Da qui il deragliamento verso la destra.
A questo fenomeno non si sono ovviamente sottratti i 5 Stelle il cui decadimento sul piano del consenso è sotto gli occhi di tutti.
Non quindi un aprioristico rifiuto della politica, non un generico atteggiamento “ antisistema “ ( seppure presente) ,ma una richiesta di nuova rappresentanza che non sottovaluta il momento istituzionale ma che lo reclama piu’ dipendente dalla realtà vissuta.
La rete , e le tecnologie correlate, sono pertanto da intendersi come “ abilitanti” la costituzione, la gestione e il mantenimento di quei processi necessari a quel collegamento e , – aggiungo io – laddove necessario alla instaurazione dei conflitti verso controparti pubbliche o private.
L’occasione che si presenta è allora quella di utilizzare le tecnologie digitali per costruire nuove forme di partecipazione democratica.
Attenzione però. La rete non puo’ rappresentare un superamento delle forme note di rappresentanza realizzando una sorta di democrazia orizzontale in cui tutti decidono e tutti sono responsabili. La maggior parte delle organizzazioni politiche “di rete” infatti, la considera uno strumento di consultazione, con cui la dirigenza sonda i voleri della base, e in cui la base può esprimere il proprio dissenso. Credo, ma ne parleremo meglio in seguito, che anche questo criterio non si adatti alla missione di Net Left che, come sappiamo, persegue un orizzonte di altra “qualità” rispetto alle formazioni politiche correnti.
Abbiamo quindi parlato della piattaforma come elemento costitutivo di un partito-rete , e del modello di rappresentanza che tali partiti realizzano.
Ma , sulle esperienze disponibili , qualche altra cosa va detta.
Oltre alla “agilità” e alla leggerezza dell’apparato interno i partiti costruiti intornio alla rete, contrariamente a quelli novecenteschi, sono “aperti” nel senso che operano in stretta connessione con i movimenti sociali o con quelli di opinione. Sono, per riprendere l’opinione del già citato Revelli …” piu’ che un mezzo di controllo della società civile… piuttosto una proiezione politica dei movimenti e delle loro domande”. Al di la della giustezza o meno di questa affermazione, interessa mettere in evidenza che per queste organizzazioni il rapporto, variamente articolato, con l’esterno è fondamentale. E tale apertura va intesa, aggiungo, non solo dal punto di vista della partecipazione e proposta democratica dei movimenti, ma anche da quello dei contributi alla propria impostazione politica provenienti da ambiti esterni seppure limitrofi.
… E NOI ?
Oltre a quelle citate, sono agevolmente reperibili in rete ulteriori specifiche dei partiti-rete o partiti-piattaforma. Sono stati considerati, evidentemente , solo gli aspetti che attengono direttamente alla organizzazione , tralasciando , ad esempio le specifiche che segnano l’evoluzione e la discontinuità sia con i partiti di massa , sia con altri modelli di partito che pure hanno avuto ruoli significativi nel recente passato : il partito “ televisivo “ di Berlusconi. Avremo altre occasioni per approfondire.
Da quanto precede emerge che il cardine attorno al quale organizzarsi è rappresentato dal canale ( o dai canali ) di collegamento con l’esterno. E’ evidente che la disponibilità di una piattaforma , a regime , è centrale.
Senz’altro l’adozione di una piattaforma comporta l’emergere di una base e di un vertice. E di problemi di rapporto tra queste due entità che è inutile sottolineare. Non ne farei un limite. Ci sarà chi decide ed è bene che lo faccia. L’importante è predisporre meccanismi condivisi che impongano di sottoporre a discussione comune le decisioni fondamentali per l’Organizzazione.
Ma la piattaforma non è solo un sistema per collegare base a vertice ad uso interno, ma uno strumento che si sostituisce alla celebrata “inchiesta rivoluzionaria” per valutare ed intervenire sui problemi dei territori e delle comunità. Sulla realizzazione di questi strumenti a diversi livelli: territoriali, di utenti di servizi, di categorie di lavoratori, dobbiamo apprestarci a preparare momenti di confronto, anche conflittuale, con le controparti. Vedremo gli spazi previsti dal PNRR.
Questa attività deve essere presidiata stabilmente per individuare tutte le opportunità possibili.
Mentre le piattaforme locali sono un asset della strategia , possiamo sostituire la piattaforma ad uso interno, nel breve periodo , con altro? In parte lo abbiamo già fatto. Ragioniamo sulle possibilità che abbiamo di rendere meno episodiche le trasmissioni e costante il presidio dei social. Esiste ancora il Blog ed un progetto di news letter. Valutiamo se, per il momento, rivitalizzare uno o entrambi gli strumenti.
Certo , come piu’ volte affermato nei momenti di confronto su zoom, la disponibilità di una efficiente struttura di comunicazione è centrale.
Basta quindi una organizzazione cosi configurata per garantire a Net Left un minimo di sopravvivenza? No.
Tutte le organizzazioni di rete, oltre alla tecnologia, sono ricorse a momenti di incontri collettivi, piu’ o meno di massa. Sono momenti che servono non solo a testare il seguito, ma rafforzano il senso di appartenenza degli aderenti e segnalano l’esistenza dell’organizzazione anche ad interlocutori solitamente non presenti nei circuiti comunicativi frequentati.
Sono momenti che possono avere ad oggetto singole questioni politiche da approfondire, temi di valore culturale o sociale anche affrontati con il contributo di competenze o referenti esterni. L’importante è presentare Net Left come una organizzazione non per “addetti alla rete”, ma aperta a 360 gradi dal punto di vista della interlocuzione politica.
Ma c’è, in fine, un ultimo aspetto da affrontare in materia di organizzazione, un aspetto che riguarda tutti noi , come individui e membri di una seppur piccola comunità. E per introdurlo mi rifarò al principio citata da Mariana Mazzuccato nel suo ultimo libro “ Missione Economia” : non dobbiamo piu’ chiederci ciò che è possibile fare , ma ciò che è necessario.
E per questo è importante gettare il cuore oltre la siepe. Noi di Net Left, ma anche coloro che hanno partecipato a questo incontro, lo abbiamo già fatto.