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CONVERSIONE ECOLOGICA E TRANSIZIONE DIGITALE PER UNA SPERANZA COLLETTIVA

Esternando la mia soddisfazione per questa attesissima iniziativa, di cui ringrazio sentitamente gli ideatori, vi partecipo con entusiasmo e piacere, sperando che sia la premessa di un lungo e fruttuoso cammino.
“Vogliamo avere radici salde nella lunga storia della lotta per la liberazione umana ma abbiamo analisi e idee nuove e all’altezza del confronto con le grandi trasformazioni che il capitalismo dell’era digitale sta tentando di imporre al pianeta intero.”
Questo estratto dell’Appello di Transizione racchiude tutto il da farsi: il perché, da che parte stare, cosa fare, come fare. Non è un percorso facile, ne facilmente trasmissibile ma è un percorso indispensabile. Esso ha almeno una valenza potenziale, quella di tentare di uscire il progressismo socio-economico-politico dal tracollo di idee e di azioni che l’ha travolto negli ultimi decenni, da quando si é seduto nel carrozzone del neo-liberismo dominante.
E’ un percorso tutto da inventare, tuttavia le piste ci sono nei lavori di Naomi Klein ,di Paul Mason e di tanti altri. Non si parte quindi da zero.
Quello che serve è un grande atto di fede nel nuovo percorso e la rinuncia netta alla tentazione di sperare che la nostra confortevole situazione socio economica ,tollerata ,quando gli conveniva, dal sistema capitalista possa durare. Sedere tra due sedie non funziona più.
È innanzitutto una grande rivoluzione culturale che deve sfociare nella conversione ecologica attraverso la transizione digitale.
Peso le parole: di rivoluzione si tratta, perchè liberarci dal consumismo è certamente per tutti farci violenza, soffrire come chi tenta di liberarsi dall’alcool, dal tabacco o dalla droga. La rivoluzione ora non è di rovesciare gli altri, ma noi stessi in questo è eminentemente culturale. Dando l’esempio invertiremo la direzione dell’emulazione al consumo che fin dall’inizio del secolo scorso Thorstein Veblen aveva identificato come il grande carburante dei ricchi ma anche di chi li invidia ed imita.
Si perché il consumismo è la fede che il capitalismo ci ha instillato capillarmente, ogni giorno , ogni istante , in ogni luogo ,con ogni mezzo. Paradossalmente il culmine della pressione al consumo ci viene oggi tramite la rete digitale, quello stesso attrezzo che noi qui consideriamo strategico per realizzare la transizione.
Se tutto questo pare intellettualmente necessario ma anche intrigante ed avvincente, non nascondiamoci però dietro un mero e blando percorso elitista magari gratificante e qualificante perchè la posta in gioco è il destino del vivente in senso lato : uomini, animali, vegetali. Se oggi partiamo per questa strada, dobbiamo avere la forza e la determinazione di portarla avanti contro venti e maree, perchè avremo contro tutti da destra a sinistra, ricchi e poveri. Saremo tacciati di populisti, di utopisti, di sognatori, di illusi, di settari, di catastrofisti perché i cambiamenti che saremo portati a prevedere saranno talmente enormi che spaventeremo ricchi e poveri, i primi perchè non vogliono perdere nulla, i secondi perchè sperano ancora di poter continuare a vivere delle briciole del sistema capitalistico e detestano il catastrofismo.
Un dato recentissimo per stare svegli:
” Un miliardo di rifugiati climatici entro il 2050” L’allarme viene dal G7 dei ministri della salute del sistema tenutosi il 5 novembre a Milano .
Questa ipotesi che visti gli avvicendamenti é oramai l’informazione di una realtà in piena concretizzazione alimenterà l’indifferenza fatalista dei più, sará una manna per i partiti politici di estrema destra xenofobi ed un’opportunità economica per capitalisti, opportunisti e mafie, un fastidio per chi governa ed infine anche un aumento dell’indignazione per i benpensanti.
Rari saranno coloro che prenderanno seriamente in conto le conseguenze possibili per l’umanità intiera ed in particolare per l’Europa dove anche solo per autoprotezione sarebbe necessario prendere le misure più radicali per la sopravvivenza delle nostre economie, delle nostre culture e della nostra stessa vita, processo che passa inevitabilmente dalla salvezza della vita negli altri continenti.
Nel suo libro Storia culturale del clima, Wolfang Behringer ha descritto come tutti i grandi sconvolgimenti sociali della storia sono avvenuti a causa di mutate condizioni climatiche e cita il crollo della civilizzazione egiziana, dell’impero romano, dell’impero dei Maya, la rivoluzione francese, come conseguenze dirette di periodi di raffreddamento o di riscaldamento del clima che causando siccità, carestie, fame e malattie hanno spinto popolazioni alla ribellione ed al rovesciamento dell’ordine vigente.
Non vedo come lo sconvolgimento climatico in corso, e la potenza numerica delle vittime del riscaldamento non potrebbe sfociare in una rivolta rivendicativa planetaria ed in una repressione altrettanto micidiale che arma atomica permettendo, duplicherà gli effetti già catastrofici del clima.
Comunque, per stare in tema e per chi detesta i scenari catastrofici mi limito a considerare un rapporto del 2014 emanante dalla OIL dove si legge che a fine 2013:
“Erano 202 i milioni di disoccupati al mondo e 839 milioni i lavoratori che vivevano con meno di 2 dollari al giorno, parliamo di lavoratori non di disoccupati.
Quanti saranno i disoccupati progressivi di una robotizzazione generalizzata ed anarchica nel 2050?
Nel 1996 Jeremy Rifkin nel suo libro ” La fine del lavoro ” scriveva che negli anni 50, 3% di disoccupazione era considerato dagli economisti sinonimo di pieno impiego, negli anni ’60, 4%, negli anni ’80, 5 o 5,50%, negli anni ’90 il tasso fisiologico era accettato al 6%!
Possiamo continuare la considerazione di Rifkin per constatare che, nelle mature economie occidentali, oggi un tasso del 12% di disoccupazione ha finito per essere banalizzato da chi decide. E domani il 15%, il 20% quando l’impiego massiccio dei robots sopprimerá
poderosamente il lavoro umano? E cosa capiterà quando in Cina ed India i costi del lavoro umano saranno tali da rendere più redditizio l’investimento in robots di produzione con la conseguenza di spingere alla diaspora ulteriori centinaia di milioni di proletari? Con cosa si vuole allora dare sussistenza alle persone di tutte le età? Con cosa si sostenteranno le masse crescenti dei pensionati sempre più longevi se i contributi pagati dai lavoratori fonderanno? Pagheranno i robots? Pagheranno i ricchi?
Per concludere invito tutti noi a pensare sempre il nostro percorso come una doppia rivoluzione che prenda la conversione ecologica come fine e la transizione digitale come mezzo per realizzarla. Solo in questo caso potremo sperare di salvare progresso e esistenza su terra. Siamo davanti a fenomeni assolutamente universali, non facciamo quindi lo sbaglio di visitarli in scala solo locale sapendo che gli italiani nel 2050 rappresenteranno lo 0,5% della popolazione mondiale!
Abbiamo sempre pensiero ed azione glocale anche per fare sinergia. Redigiamo un Manifesto Universale della Transazione e chiediamo che lo firmino tutti gli ottimi specialisti dell’ecologia, dell’economia, del digitale in campo: Bellucci, Mattei, Pallante,Latouche ,Klein, Rabhi, Mason, Piketty, Krugman, Stiglitz e tanti altri ed andiamo avanti coinvolgendo tutte le persone motivate tramite metodi di partecipazione attiva e digitalmente assistita. Abbiamo bisogno di scienziati, di studiosi ma anche di manovali ed animatori. E’ questo ultimo aspetto la convinzione e lo spazio di azione di Primalepersone, di cui sono aderente.
Grazie!
Piero Muó , membro di Primalepersone Roma Assemblea di Transizione 11 novembre 2017